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Il lavoro di Antonio Marchetti pur appartenendo ad un’area dichiaratamente post-moderna trova un suo spazio autonomo in una forma di “lucida violenza”, forse derivatagli da una sorta di “disincanto per l’opera”, con cui affronta il foglio o la tela.
La consapevolezza di aver oltrepassato la soglia del “moderno” e del vivere in un “dopo”, la coscienza di iniziare il proprio lavoro da un azzeramento dei valori, lo porta a produrre una vitalità espressiva sdrammatizzata nelle soluzioni figurative e caratterizzata da umori psicologici lasciati al loro libero scorrere senza l’incubo del disvelamento.
La comunicazione si fa perentoria e priva, finalmente, di ogni sorta di “citazionismo” vuoi colto oppure incolto che ormai da tempo ci affligge. L’atteggiamento espressivo di marchetti, caratterizzato da una ridotta grammatica segnica, non è nemmeno del tipo “selvaggistico” o “vitalistico barbarico” ricorrente ma gli deriva da un uso sofisticato dell’iconografia del fumetto: lo stesso utilizzo di una titolazione, non didascalica ma come parte integrante dell’immagine, sottolinea questa provenienza.
Va subito detto che si tratta di un uso “ironico” del fumetto quindi non derivato dal gusto per il revival ma da un suo utilizzo, potremmo dire, “strategico”.
La formulazione si fa automatica e le associazioni producono una sorta di fissione che genera personaggi incredibilmente dotati di vigore energetico che stanno tra “Braccio di ferro”, il “Signor Bonaventura” e il giovane marinaio di “Querelle”.
In una situazione dove pare che l'”immaginare” ci sia fatalmente precluso e che l'”operare” altro non sia se non la produzione del nulla diventa sempre più urgente ricercare il lato nascosto delle cose: quel ‘”meraviglioso” che tanto manca al nostro quotidiano; Marchetti lo scopre nelle qualità segrete del dettaglio: ora nella porta spalancata di una casa dalla quale fuoriescono e si liberano le cariche energetiche interne, ora nei piedi danzanti della coppia del suo “colpo di danza” che si pongono come i poli irradianti di un emblematico arco voltaico.
Vittorio Mascalchi. 1983
©Photo Grazia Branco
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